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La raccolta delle mandorle

La raccolta delle mandorle

È un’alba di fine agosto.

Il sole sorge fra le punte dei cipressi con una flemma colorata di arancio che sembra voler trasmettere tutta la stanchezza accumulata da Apollo nell’arco dell’estate.

Per l’antica divinità è arrivato il momento di allungare la durata della pausa notturna, e anche dei tempi per la manutenzione necessaria al suo carro.

Percorro a piedi nudi la breve distanza che separa l’uscio di casa dalla balaustra della terrazza.

Il pavimento inumidito dalla rugiada del primo mattino scivola sotto i miei passi trascinati dall’intento di fare il minor rumore possibile.

Voglio che Letizia e Yuki approfittino di un risveglio ancora  più lento di quello messo in atto dal sole.

Il profumo di frutta fermentata esalato dalla vegetazione bagnata svolazza oltre alla bruma lattiginosa che avvolge il profilo delle colline.

La moltitudine di fruscii che si diffonde dai rami degli alberi segnala il risveglio della popolazione degli uccelli diurni: gazze, passerotti e merli, sono finalmente pronti a riprendere possesso del cielo dopo aver giocato a nascondino con i pericolosi predatori alati della notte.

Per gufi e civette è arrivata l’ora del riposo.

Alcuni pipistrelli tardivi azzardano ancora spigolose acrobazie aeree acchiappando insetti.

Piccole macchie nere si muovono a scatti sullo sfondo di un’atmosfera rosata che prende spazio con pigrizia per rubare la scena al manto scuro che fino a poco fa reggeva la luna e le stelle.

Pipistrelli affamati e incuranti del rischio di essere divorati a loro volta da qualche rapace mattiniero.

Giusto ieri, lungo il tragitto di ritorno da Agios Nikitas, un’aquila ha sfiorato il parabrezza dell’auto reggendo una serpe stretta fra gli artigli.

Le basse nuvole che imparruccano le cime stondate dei saliscendi boschivi decidono di sollevarsi dall’orizzonte sinuoso del paesaggio Sfakiota.

Ora si intravede la strada che a breve percorrerò per raggiungere il forno di Lazarata, incontrare gli avventori del mattino, e bere un caffè con il sottofondo di lamentele e imprecazioni di chi non avrebbe voluto alzarsi da letto così presto.

Notas arriverà dopo di me con il suo pick-up azzurro e cigolante parcheggiandolo in mezzo alla strada.

Sbatterà la portiera e si avvicinerà a passo lento, con lo sguardo rivolto al cielo – “Anche oggi sei già qui… inizi a lavorare sempre di prima mattina: ti ho visto spazzare le foglie nel tuo cortile mentre andavo raccogliere un po’ di patate… tu fai troppe cose! Io prendo il pane e al lavoro ci ripenso più tardi… e il nostro amico inglese come sta?” – mi sfugge una risata nella solitudine della terrazza: anche Chris passerà al forno, per far scorta di croissants ancora tiepidi, e ammiccherà con un sorriso benevolo da saggio giornalista inglese.

Saggio e compassionevole.

Esaurite le formalità e senza troppi convenevoli, Chris risalirà con brillante compostezza britannica sulla sua Golf cabrio rossa dell’Ottanta che forse non ripartirà.

Con piglio da umorista anglosassone purosangue, il nostro giornalista esule ha ribattezzato il gruppetto degli astanti più assidui del raduno mattutino ‘The College of Knowledge’, il collegio della sapienza, e con la sua perspicace ironia sembra aver colto nel segno: qui si intrecciano argomentazioni talmente elevate da far incazzare i seguaci di Aristotele per la complessità dei ragionamenti messi in gioco.

Abbandono per un po’ le mie fantasticherie.

Appoggio le dita sul corrimano della balaustra e un brivido acquoso mi scivola sotto i polpastrelli.

Forse è ora di afferrare il volante dell’auto per raggiungere la mia prossima meta, ma il desiderio di restare qui a spiare il sole fino ad esserne accecato, e continuare a vagare con la mente ancora assonnata, è più forte della caffeina che mi aspetta.

Andreas, il proprietario del forno, sarà pronto a redarguire ancora una volta i suoi clienti più affezionati con il suo – “Anche oggi sto una merda!” – e lo farà manovrando bicchieri di carta stracolmi di caffè da dietro il bancone della macchinetta dell’espresso, oppure allungando ai clienti sacchetti farciti di ogni ben di dio, sporgendosi oltre la vetrinetta del pane e dei dolci.

“Se vi fermate a bere il caffè qui fuori, appoggiate lo scontrino sul tavolo: non voglio rogne col fisco!”

Zois reagirà stropicciando le testimonianze cartacee del pagamento per gettarle dentro a un posacenere colmo di cicche, per poi svuotare il tutto all’interno del bidoncino pubblicitario dei gelati.

“Che si fotta il fisco!”

Si metterà a ridere accarezzandosi la pelata e strizzerà gli occhi azzurri ancora annacquati dal risveglio di poco prima.

Il mio basso ventre si mette a vibrare di un calore diffuso, è come sentire fame di un cibo immateriale.

Ancora una volta la sensazione di dover colmare un vuoto… e so bene di che si tratta.

Vorrei essere l’universo nel momento in cui ha inventato la Grecia senza preoccuparsi di volerla raccontare… sono a un passo dal raggiungere questa divinazione, ma ancora non mi riesce.

Il mio critico interiore non perde occasione e si manifesta piegandomi le labbra in un ghigno di auto disprezzo.

Vuole suggerirmi l’utilizzo di toni più ruvidi, almeno quando parlo fra me e me.

La mia risposta è: quando la pianti di rompere i coglioni?

 

Continua…      

 

 

Luke Patsimas

  

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